All’inizio degli anni 90 quegli albanesi che riempirono l’Italia (a causa della dittatura comunista a cui erano sottoposti) ora tornano in Albania,un paese in crescita (guarda caso fuori dall’UE) dove c’è lavoro per giovani in cerca di futuro. Molti anche gli italiani e le imprese italiane che vi emigrano. Da ospitanti ad ospiti, la loro rivincita,la nostra caduta…
Il mare è agitato, e si infrange violento contro lo scafo della nave. Lì in alto nel cielo luccicano le stelle e un vento gelido spira da est, ma il cuore batte forte e riscalda il corpo: a poche miglia c’è il porto di Brindisi, la terra promessa, la libertà. Era il 1991, l’Italia scopriva per la prima volta l’immigrazione di massa.
Migliaia di albanesi fuggivano dalla miseria e dagli ultimi strascichi della dittatura comunista – quella di Enver Hoxha, durata quasi mezzo secolo, fu una delle più feroci e isolazioniste della storia – attraversando il mare con mercantili e imbarcazioni di ogni tipo in direzione delle coste pugliesi.
Oggi l’Albania è un paese giovane e in via di sviluppo, con un’economia emergente e ambizioni europee – sono in corso i negoziati per l’annessione all’UE – retto dal premier socialista ed ex sindaco di Tirana, Edi Rama. Una seconda generazione di albanesi ha seguito le orme dei genitori, raggiungendo l’Italia a bordo di aerei e traghetti, per iscriversi alle nostre università: a Bologna, Roma, Firenze e Milano.
Finiti gli studi, molti di loro ritornano a casa, sia perché la crisi economica in Italia preclude opportunità occupazionali, sia perché in Albania è più facile investire: per avviare una startup, infatti, basta un giorno solo e la burocrazia è ridotta all’osso.
“In Italia vivono più di mezzo milione di albanesi, quest’anno sono ritornati in Albania circa in 46mila” afferma soddisfatto Erion Veliaj, ministro del Benessere sociale e gioventù albanese. Il giovane politico del governo socialista, in un ottimo italiano, tiene a precisare che: “È il primo anno che succede una cosa del genere. Prima noi albanesi eravamo costretti a partire, ora il trend si sta invertendo. L’economia qui è in crescita e abbiamo bisogno di abilità speciali: solo quest’anno abbiamo creato più di 81mila posti di lavoro, il mio partito ha abbassato la disoccupazione dal 20 al 17%”.
“Io all’Italia devo tantissimo, mi ha fatto crescere sia umanamente che professionalmente”. A pronunciare queste parole è Muharrem Çobo, uno dei tanti albanesi tornati in patria e oggi imprenditore e vinicoltore di successo, in società con il fratello. Se in Albania nominate Çobo dite vino, lo conoscono tutti e il suo prodotto è considerato il “Ferrari italiano”.
Muharrem, nipote di un piccolo vinicoltore, arriva in Italia nel ’91 su di un mercantile, armato di una valigia piena di speranza e tanta buona volontà. Sbarca a Brindisi e, in seguito agli smistamenti del governo italiano, viene spedito a Trento, dove si iscrive all’università. Per pagarsi gli studi, di notte lavora come cameriere e riesce a laurearsi in giurisprudenza. Poi, come spesso accade, un incontro gli cambia la vita:
”Ho conosciuto Danilo Chini, un enologo che diventerà per me come un fratello – racconta Muharrem, mentre ci versa una bottiglia della sua riserva speciale – Danilo ci ha dato una grossa mano ad avviare la produzione, abbiamo scelto di coltivare uve autoctone, così abbiamo comprato i terreni a Berat e abbiamo ripreso le tradizioni dei miei nonni produttori di vino”. Oggi la cantina Çobo produce 80mila bottiglie ogni anno, è un’eccellenza dell’enogastronomia albanese, proiettata verso i mercati esteri e sarà presente nel padiglione albanese di Expo 2015 a Milano.
Negli ultimi anni, a scegliere il paese delle aquile, sono stati anche tantissimi italiani: secondo i dati del governo albanese i nostri connazionali sono più di 20mila. “Perché gli italiani vengono in Albania?” chiede serafico il ministro Veliaj. Semplice: “Le tasse sono basse, è facile fare business e gli albanesi parlano perfettamente italiano”. In effetti basta passeggiare in piazza Skanderbeg, nel cuore di Tirana, o tra i tanti bunker militari costruiti da Hoxha nel nord di Scutari, ai confini del Montenegro, per sentire parlare con nonchalance l’italiano e vedere le numerose aziende del belpaese. Secondo un report dell’ambasciata italiana, le imprese nostrane operanti in Albania sono più di 350: dal marchio Conad alla Scavolini, passando per banche come Intesa San Paolo e Veneto Banca.