La bonifica dell’ amianto procede a rilento e,da quando fu riconosciuto altamente tossico nel 1992,ancora fa 8 morti al giorno.La causa è dovuta anche allo smaltimento scorretto che apporta enormi rischi per la popolazione.
L’amianto è una fibra killer che ancora oggi, da quando fu riconosciuto altamente tossico e illegale nel 1992 con la legge n.257, anno dal quale è iniziata la bonifica, fa in media 8 morti al giorno in tutta italia.
Questa fibra, quando viene inalata, si conficca nell’addome, nel cuore e nei polmoni provocando infiammazioni che quasi sempre diventano tumori.
Il tumore provocato dalla esposizione all’ amianto è il mesotelioma pleurico, esso presenta una latenza temporale che va dai quindici fino ai quarantacinque anni, con un decorso tra 12 e 24 mesi.
Secondo l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ogni anno almeno 3000 italiani muoiono di mesotelioma pleurico e malattie asbesto-correlate, e più di mezzo milione di lavoratori dichiara di essere stato a contatto con la fibra.
Se non si procede velocemente con le bonifiche promesse da più di vent’anni, questo è un trend destinato a salire, complice anche lo smaltimento illegale che avviene spesso abusivamente nelle campagne con la contaminazione dei terreni e delle falde acquifere.
Prima del 92 l’Italia è stata il secondo maggiore produttore europeo di amianto, il primo per l’amianto crisotilo, una delle forme più pericolose. Esso è stato usato per tutto: coperture, cemento, isolamento, persino nelle tubature dell’acqua.
E’ evidente quindi come fosse difficile una bonifica perfetta e tempestiva in tutta la nazione, ma dopo un ventennio il problema doveva essere ormai risolto.
A causa di censimenti incompleti, parziali, o peggio omessi non vi è possibile risalire alle zone dove vi fosse ancora oggi una maggiore contaminazione da amianto, ma basta osservare la mappa dei 21.463 casi di mesotelioma in Italia registrati dal 1993 al 2012 per capire quali sono le zone d’Italia più a rischio.
Da questa si evince che situazione peggiore si registra al Nord dove si trovano il 70% dei siti contaminati. Le regioni che pagano il conto più salato sono Lombardia e Piemonte. Segue quasi tutto il nord con la sola esclusione di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige. Scendendo lungo lo stivale vanno male anche il Lazio e la Sardegna. Al sud maglia nera alla Campania, poi Sicilia e Puglia.