Durante un delicato intervento chirurgico al cervello, una donna ha confezionato in meno di un’ora 90 olive ascolane.
Solo chi conosce la ricetta delle olive all’ascolana, e soprattutto chi almeno una volta nella vita si è cimentato nella preparazione di questa deliziosa pietanza marchigiana, può capire le difficoltà nel prepararla. Ma una donna di 60 anni abruzzese residente al confine con la provincia di Ascoli Piceno ha compiuto una vera e propria impresa.
Ha preparato questa insidiosa pietanza in sala operatoria mentre i medici la operavano ad un tumore al cervello, precisamente al lobo temporale sinistro, area deputata al controllo ed organizzazione del linguaggio e dei movimenti complessi della parte destra del corpo. Ha preparato ben 90 olive ascolane durante l’intervento e la foto ha fatto il giro del web!
L’operazione al cervello è stata eseguita nell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona. In realtà quella di impegnare i pazienti in un’attività è prevista quando si svolgono questo tipo di interventi al cervello. E’ importante che i pazienti siano impegnati attivamente con il cervello proprio per il buon esito dell’intervento. L’attività da svolgere viene scelta in base all’area del cervello sottoposta all’intervento.
La confezione delle olive farcite infatti è solo l’ultima di una serie di attività svolte dai pazienti e scelte in funzione dell’area del cervello da operare, ma anche delle abitudini individuali: c’è che ha suonato la tromba o il violino, ad esempio. Ad Ancona, una paziente operata all’area che sovrintende alla vista mentre guardava cartoni animati.
L’operazione è durata complessivamente due ore e mezza e che ha coinvolto 11 persone: il dott. Roberto Trignani, responsabile del Reparto di Neurochirurgia, un altro neurochirurgo Stefano Vecchioni, tre medici di neuroanestesia guidati da Pietro Martorano, la psicologa Silvia Bonifazi, quattro infermieri, un tecnico di neurofisiologia.
“È andato tutto bene”, ha commentato all’ANSA il dottor Roberto Trignani. Trignani ha effettuato circa 60 interventi in cinque anni in modalità ‘awake’ con il paziente sveglio e impegnato in altre attività: “Si tratta di una metodica che ci consente di monitorare il paziente mentre interveniamo sulle funzioni cerebrali e di ‘calibrare’ la nostra azione”.