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Davigo ha ragione: la prescrizione “All’italiana” è un’anomalia

Piercamillo Davigo legge prescrizione

Piercamillo Davigo legge prescrizione

Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo, nella conferenza stampa indetta dal sindacato delle toghe per spiegare i motivi dell’assenza all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha dichiarato: “noi vorremmo un sistema di prescrizione analogo a quello degli altri Paesi. Un sistema di prescrizione come il nostro ce l’ha solo la Grecia”.

Davigo fa riferimento in particolare al fatto che in Italia l’avvio del processo, o il compimento di determinati atti durante il processo (ad esempio, l’ordinanza di convalida dell’arresto o il decreto che dispone il giudizio), non interrompe definitivamente la prescrizione del reato. In altre parole, l’unica “data di scadenza” per perseguire un reato è quella calcolata dal momento in cui il reato è stato commesso, con possibilità di estensione molto limitate.

Le interruzioni infatti, che pure fermano la prescrizione per un certo periodo, non possono in nessun caso comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere (che sale fino ai due terzi in caso di recidivi e al doppio in caso di delinquenti professionali o abituali). Di fatto dunque, anche con le interruzioni, in Italia la prescrizione continua a correre durante il processo.

Un’accusa, quella del presidente dell’Anm, che da molti anni viene rivolta all’Italia e da molte parti. Ad esempio l’ha sostenuta, ribadendo il parallelo con la Grecia, l’associazione contro la corruzione Transparency International Italia.

Anche l’avvocato Bruno Saetta, esperto di diritto e web, sostiene: “La norma che prevede che la prescrizione decorra anche dopo la sentenza di primo grado è presente solo in Italia e in Grecia, negli altri paesi europei dopo il primo grado la prescrizione rimane sospesa o si interrompe”. Stessa accusa da parte dell’ex senatore e deputato, Repubblicano prima e Ds poi, Stefano Passigli dalle colonne del Corriere della Sera: “Solo in Italia e Grecia la prescrizione continua ad agire nel processo, permettendo così che spesso non si giunga all’accertamento di una verità processuale”.

Vediamo dunque qual è la situazione. Nelle grandi tradizioni giuridiche europee, quello italiano è sicuramente un caso unico, come testimonia anche questa nota informativa sintetica per la Camera.
Nel Regno Unito, ad esempio vige il sistema di common law, molto diverso da quello di civil law tipico dell’Europa continentale. Nel sistema britannico, l’istituto della prescrizione semplicemente non esiste. I time limits previsti riguardano il tempo massimo per proporre l’azione in giudizio da quando è stato commesso il fatto, non il tempo per perseguire il reato. Una volta avviata l’azione nei tempi prescritti, il processo dura il tempo che serve per arrivare a sentenza.

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Negli altri sistemi di civil law, invece, escluso quello italiano, è sempre prevista la capacità del processo di congelare e/o far ripartire da zero la prescrizione. La logica della prescrizione è infatti quella di estinguere quei processi in cui l’interesse pubblico a perseguire il reato sia venuto evidentemente meno, e le prove per sostenere l’accusa siano andate disperdendosi nel corso degli anni.

Ma – questo è anche il ragionamento espresso da Davigo – che senso ha che un processo già in corso, dove le prove sono già state acquisite, si estingua per prescrizione durante il grado di appello?
In Francia i termini di prescrizione vengono interrotti da qualsiasi atto di istruzione o di azione giudiziaria (articoli 7, 8 e 9 c.p.p.). In questo modo, ricominciando da zero ad ogni atto il conto alla rovescia della prescrizione, è quasi impossibile che un processo si prescriva mentre viene portato avanti.

Anche in Germania il codice penale (Strafgesetzbuch) prevede (artt. 78-78c) che la prescrizione venga interrotta da determinati atti dell’autorità giudiziaria: interrogatori, incarichi a periti, sequestri e perquisizioni, ordini di arresto e così via. Dopo ciascuna interruzione, la prescrizione ricomincia a decorrere dall’inizio. In ogni caso, la prescrizione scatta quando è trascorso il doppio del termine legale di prescrizione.

Questo limite massimo crea un sistema simile a quello italiano? Non proprio: come a suo tempo spiegava Paolino Ardia, esperto di diritto penale, se in Germania il processo arriva a sentenza di primo grado la prescrizione resta sospesa fino al termine del processo.
Stessa disciplina anche in Spagna, sempre secondo quanto sostenuto da Ardia, dove si prevede che la prescrizione si interrompa se viene aperto un procedimento nei confronti del colpevole. «In pratica», spiegava il dottor Ardia, «il termine di prescrizione viene congelato durante tutta la durata del processo sino alla pronuncia di una sentenza di condanna, salvo sospensione del procedimento».

Ma veniamo alla Grecia. In un report della Commissione europea sul contrasto alla corruzione nel Paese ellenico si legge: “I termini di prescrizione continuano a decorrere anche dopo che il tribunale di primo grado ha emesso le sue decisioni; i termini possono essere sospesi ma non interrotti”. In nota, la Commissione precisa: “questo significa che il tempo massimo per ottenere una sentenza definitiva non ricomincia”.

Sembra effettivamente che si tratti di un sistema analogo a quello italiano. In cui, come già si diceva, la prescrizione può essere anche sospesa o interrotta da determinati atti compiuti nel corso del processo, in particolare dall’esercizio dell’azione penale, ma questo non comporta un riavvio da zero del termine, solo un suo allungamento. Il processo deve comunque esaurirsi entro un tempo prestabilito.

Non siamo dunque in grado di confermare se tale sistema viga solamente in Italia e in Grecia, non avendo esaminato gli oltre 190 sistemi giudiziari presenti nel mondo, ma se guardiamo ai principali confronti europei di sicuro Davigo ha ragione a sostenere che quella italiana sia un’anomalia.

Fonte: AGI

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