Pantani, un caso ancora aperto. Quanti dubbi 16 anni dopo…
La misteriosa morte del Pirata nel 2004 è stata archiviata come “overdose” dalle indagini ufficiali. Ma i dubbi non mancano
Marco Pantani è nato il 13 gennaio del 1970 a Cesena ed è deceduto a Rimini il 14 febbraio del 2004, è stato un ciclista italiano su strada eccellente nelle scalate pure. Era alto 172 cm e pesava 54 Kg.
Ciclista professionista tra il 1992 ed il 2003, ha collezionato 46 vittorie in carriera primeggiando nelle corse a tappe ed ha vinto un Giro d’Italia, un Tour de France e la medaglia di bronzo ai mondiali di ciclismo su strada del 1995.
E’ stato uno dei pochissimi atleti insieme a miti del ciclismo come Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain, ad essere riuscito a vincere nello stesso anno (1998) Giro d’Italia e Tour de France.
Battezzato dai tifosi come “il Pirata”, Marco Pantani dimostrò fin da giovanissimo la sua attitudine per il ciclismo, appassionandosi alla scalata delle vette romagnole.
Tesseratosi al G.C. Fausto Coppi di Cesenatico, iniziò a cimentarsi nelle sue prime competizioni, prima amatoriali, poi agonistico/dilettantistiche ed infine a partire dagli anni ’90 professionistiche.
Durante la sua carriera da professionsita fù vittima di diversi incidenti, uno dei quali occorsogli nell’ottobre del 1995 lo portò vicino alla possibilità di dover abbandonare prematuramente la carriera ciclistica ma, salito in sella riusci sempre a ripartire con grande slancio.
Il 1998 fù per “il Pirata” l’anno magico, in quanto riusci a vincere contemporaneamente il Giro d’Italia ed il Tour de France, rimanendo per ben 16 anni (fino al 2014, con la vittoria di Vincenzo Nibali) l’ultimo italiano ad aver vinto il Tour francese.
Il mattino del 5 giugno del 1999, durante il Giro d’Italia e dopo una memorabile vittoria di tappa (Predazzo – Madonna di Campiglio) che lo avrebbe quasi sicuramente consacrato campione del Giro, ad un controllo antidoping i valori ematici di Pantani risultarono disallineati rispetto a quelli consentiti, in particolare il valore di ematocrito rilevato risultò pari al 52% (ossia superiore dell’l’1% al limite massimo del 50% consentito dai regolamenti). La conseguenza fù per il ciclista la sospensione per 15 giorni dalle competizioni, che gli valse l’esclusione dal Giro d’Italia.
Iniziò per Pantani un perido di depressione e di ritiro dalle gare, che lo vide prendere parte alle competizioni professionistiche soltanto a partire dal 2000, senza però riuscire ad eguagliare gli straodinari risultati del passato.
Il 14 febbraio del 2004, Marco Pantani è stato trovato privo di vita nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini. Per molti anni la procura competente è stata sul punto di dichiarare definitivamente chiuso il caso sembrando riconducibile la morte dell’atleta ad un caso di overdose da cocaina ma di recente (nel marzo del 2016) le intercettazione di un detenuto vicino ad ambienti legati alle scommesse clandestine, hanno riaperto il caso.
L’ipotesi inquietante, che sarebbe emersa, è che Marco Pantani, sempre dichiaratosi innocente, sarebbe rimasto vittima di un complotto, ordito nei suo confronti dalla camorra per essersi rifiutato di cedere ai ricatti del racket delle scommesse clandestine.
Dopo sedici anni non è stata ancora messa la parola fine alla vicenda di Marco Pantani. Per la giustizia il caso è chiuso (overdose) con i patteggiamenti di Fabio Miradossa (lo spacciatore napoletano di cocaina) e Ciro Veneruso (che portò a Marco la dose letale). La riapertura dell’inchiesta ottenuta nel 2014 dall’avvocato Antonio De Rensis si è scontrata con l’archiviazione del Gip di Rimini e la conferma della Cassazione. Ma la famiglia combatte ancora. Mamma Tonina: “Conoscevo molto bene mio figlio e le sue abitudini. Da subito ho detto “me l’hanno ammazzato”, e ne sono ancora più convinta. La mia battaglia continua per la verità. Spero si riaprano le indagini”.
Un’altra puntata del caso Pantani l’ha aperta “Le Iene”: una contro-inchiesta che ha toccato le persone-chiave dell’indagine, alcune finite nell’oblio dopo le sentenze del 2005. Nuovi testimoni, nuove dichiarazioni. Una ragazza, Elena, che lo conosceva e ha paura della riapertura dell’indagine. Il proprietario di un bar nel quale Pantani andò il giorno prima, mai ascoltato. La penultima notte passata dal Pirata in un altro albergo di Rimini, mentre finora sembrava non aver mai lasciato il Residence Le Rose dove fu trovato morto. Uno studente universitario che lavorava in quell’albergo dice: “Non è vero che il giorno prima dormiva lì (al residence, ndr). Era qui con altre persone, a parlare sul divano. E ho registrato il suo nome nella scheda dell’albergo”. Ipotesi che cozzano contro l’assoluto isolamento di Pantani che emerge dalle indagini ufficiali.
La testimonianza di una poliziotta della Scientifica, in attesa fuori dalla stanza della tragedia mentre entravano parecchie persone che avrebbero inquinato la scena. Soprattutto, le dichiarazioni di Fabio Carlino, assolto in Cassazione: “Bisogna scavare, scavare. Pantani non aveva manie suicide. E so che quando Miradossa andò in carcere a Napoli, fu avvicinato da soggetti della malavita che gli dissero: “Tu patteggi e non parlare”. L’avvocato De Rensis dice: “La realtà ufficiale si discosta completamente dal racconto di molti testimoni, che nemmeno si conoscono tra loro. Porteremo il filmato alla Procura di Rimini e chiederemo nuovamente la riapertura dell’indagine”.
Tratto da: Zapping