Non è assolutamente vero ciò che molti pensano,ossia che basta mettersi in malattia per essere immuni,almeno per quel periodo, dal licenziamento.
E’ pur vero che in linea di principio il dipendente malato non può essere licenziato, infatti il codice civile stabilisce che l’azienda ha il dovere di mantenere il posto di lavoro del dipendente in malattia, ma ci sono dei casi in cui è possibile procedere con il licenziamento.
Sempre nel codice civile infatti è specificato sì che l’azienda o il datore di lavoro è tenuto a conservare il posto ad dipendente in malattia, ma nei limiti del comporto.
Il comporto è un periodo stabilito per legge superato il quale il dipendente in malattia può essere licenziato, ad eccezione dei casi in cui la malattia fosse stata causata (con rapporti clinici che ne danno prova) dallo stesso ambiente di lavoro (in questo caso scatta l’infortunio sul lavoro).
La durata del comporto è stabilita dalla legge solo per gli impiegati: per essi la durata è di 3 mesi se hanno un’anzianità di servizio inferiore ai 10 anni e di 6 mesi quando hanno un’anzianità di oltre 10 anni. Per gli operai, invece, la durata del periodo di comporto è stabilita dalla contrattazione collettiva.
Questo periodo può essere interrotto per il godimento delle ferie, ma il lavoratore è tenuto a darne opportuna comunicazione scritta al datore di lavoro.
Quando il comporto è scaduto il datore può procedere con il licenziamento del dipendente senza provare né la giusta causa né il giustificato motivo.Nella determinazione del periodo di comporto si considerano, salva diversa pattuizione, anche i giorni non lavorati (sabato, domenica, festività infrasettimanali, sciopero) che cadono nel periodo di malattia, dovendosi presumere la continuità e l’indisponibilità del lavoratore.
Ma ci sono casi in cui il licenziamento potrebbe scattare anche durante il periodo di comporto: in caso di fallimento dell’ azienda, nel caso in cui il lavoratore non si fa trovare a casa al momento delle visite fiscali da parte del medico dell’ INPS, oppure nel caso di “scarso rendimento”.
Il licenziamento per scarso rendimento scatta quando il malato è di tipo cronico, quindi alterna lunghe assenze a brevi ritorni, danneggiando l’operatività aziendale e costringendo la stessa ad assumere un sostituto.