In questo articolo, ci addentreremo nel mondo delle pensioni e di come queste possano cambiare a seconda delle situazioni personali. Parleremo in particolare della pensione di reversibilità, un tipo di sostegno economico che viene dato ai familiari di una persona deceduta che aveva diritto a pensione. Ma cosa succede se si inizia una nuova convivenza dopo aver perso il proprio coniuge? La legge attuale ha delle regole ben precise a riguardo. Vediamo di seguito quali sono.
Ci troviamo di fronte a una domanda che interessa molti: se inizio una nuova convivenza, perderò la mia pensione di reversibilità? La legge è chiara su questo.
Quando si parla di diritti, i conviventi di fatto sono spesso messi sullo stesso piano dei coniugi, ma non sempre è così. Prendiamo il caso della pensione di reversibilità destinata al coniuge che rimane. Se quest’ultimo inizia a convivere con qualcun altro, perderà questo diritto? La risposta, per la legge, è no: il diritto alla reversibilità si perde solo in caso di nuovo matrimonio. Quindi, se si tratta solo di una convivenza, la pensione continua ad essere erogata. In questa situazione, la convivenza di fatto non è equiparata al matrimonio. Questa regola è stata confermata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 461 del 3 novembre 2000.
Pensione di reversibilità: a chi spetta e cosa bisogna sapere
Non c’è parità tra convivenza e matrimonio quando si tratta della pensione di reversibilità. Se il partner convivente senza vincoli matrimoniali ci lascia, purtroppo, non ha diritto a questa pensione. In pratica, se una persona pensionata muore dopo aver iniziato una nuova convivenza di fatto seguita a un divorzio, solo l’ex coniuge può beneficiare della reversibilità, non il nuovo partner. È importante sapere chi ha diritto a questa forma di sostegno economico garantita dall’INPS.
Secondo le regole attuali, hanno diritto alla pensione di reversibilità diverse categorie di persone:
- Il coniuge o chi è in unione civile;
- Figli minorenni al momento del decesso del genitore;
- Figli non in grado di lavorare, dipendenti economicamente dal genitore scomparso, senza limite di età;
- Figli maggiorenni ma ancora studenti, senza lavoro, a carico del genitore deceduto, che frequentano scuole o corsi professionali, fino a compiere 21 anni;
- Figli maggiorenni che studiano all’università, ancora a carico del genitore scomparso e disoccupati, per la durata del corso di studi secondo il piano di studi ufficiale, e fino al massimo di 26 anni di età.
Se non ci sono coniuge o figli, la pensione di reversibilità va a:
- I genitori del pensionato, se hanno più di 65 anni, non ricevono già una pensione e dipendevano economicamente dal figlio scomparso;
- I fratelli non sposati e le sorelle nubili del pensionato, incapaci di lavorare, che non hanno altre pensioni e erano a carico del defunto.
A quanto ammonta la pensione di reversibilità
La pensione di reversibilità si calcola in base all’importo della pensione che riceveva il defunto e al numero di persone che ne hanno diritto. Ecco come si suddivide:
- 60% va al coniuge superstite se non ha figli a carico;
- 70% è destinato a un figlio superstite;
- 80% per il coniuge superstite con un figlio a carico o due figli senza coniuge;
- 100% se il coniuge superstite ha due figli a carico o ci sono tre o più figli superstiti;
- 15% per i genitori o fratelli e sorelle;
- 70% se c’è un figlio (o nipote) senza coniuge superstite;
- 80% per due figli (o nipoti) senza coniuge;
- 100% se ci sono tre o più figli (o nipoti) senza coniuge.