“Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo rimarrebbero solo quattro anni di vita“.
E’ una citazione drammatica sui pericoli degli sconvolgimenti ambientali attribuita al geniale fisico Albert Einstein.
Proprio così disse Einstein, se l’ape scomparisse dalla superficie del globo, all’uomo rimarrebbero solo quattro anni di vita. Niente più api, niente più impollinazione, niente più piante, niente più animali, niente più uomo.
Le api continuano a morire, per questo siamo sull’orlo dell’Armageddon ecologico, e sappiamo quasi tutti chi sono i colpevoli ancora prima che le prove siano presenti: fornitori di pesticidi neonicotinoidi.
Le api non sono gli unici impollinatori. Lo fanno anche le mosche che si librano in volo , le farfalle, i colibrì e persino i pipistrelli.
Poichè le api sono responsabili dell’impollinazione di almeno 95 specie di frutta e verdura e da esse si traggono anche prodotti farmaceutici, prodotti cosmetici, prodotti per l’igiene e la pulizia, taluno ha ipotizzato che potrebbero essere queste mancanze a determinare la fine dell’umanità..
Ma ora emerge un fatto che sembra chiarire il meccanismo che sta decimando le api e che fa sorgere il dubbio che possa anche decimare gli uomini.
Quel che distrugge le api, infatti, non è un meccanismo diretto valido solo per gli insetti, ma un processo indiretto che va a toccare ciò che l’uomo ha in comune con le apri: il sistema immunitario
La considerazione è il “sottoprodotto” di una ricerca condotta da Università di Udine, Bologna, Napoli e finanziato dal Mipaaf, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “Pnas” dell’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti.
Secondo la ricerca, l’esposizione delle api a insetticidi neonicotinoidi, tra i più utilizzati in agricoltura, indebolisce il sistema immunitario degli insetti favorendo la progressione di infezioni di virus che normalmente sono tenuti sotto controllo dalle difese innate delle api.
Lo studio, in particolare, spiega l’azione di un insetticida neonicotinoide molto usato (il clothianidin), che ha il potere di alterare l’equilibrio tra il sistema immunitario delle api e virus patogeni presenti in forma latente, come il “virus delle ali deformi”, rendendo liberi questi ultimi di minare la salute degli insetti.
Quindi il perché le api spariscano sembra chiarito e la frase di Albert Einstein potrebbe significare che quando i veleni sparsi per il Mondo avranno compromesso il sistema immunitario degli insetti, anche quello degli uomini avrà poco tempo prima di collassare.
Tuttavia per molti altri studiosi anche se tutti gli insetti che diffondono il polline si estinguessero, potrebbe portare a una fame di massa su una scala senza precedenti e inaccettabile, ma probabilmente non sarebbe la fine dell’umanità.
Molte piante sopravviverebbero, anche se in alcuni casi la qualità dei loro semi sarebbe inferiore. Il mais, per esempio, è impollinato dal vento, mentre patate e carote possono essere coltivate da tuberi. Anche gli ortaggi a foglia, come il cavolo, crescono senza bisogno di insetti.
Meloni, bacche e frutta come mele e pere, invece, potrebbero essere in difficoltà. A meno che non ricevano un aiuto umano extra. Nei frutteti della Cina sud-occidentale, gli agricoltori e i loro figli devono arrampicarsi sui rami armati di vasi di polline e pennelli per impollinare singolarmente ogni singolo fiore, perché gli impollinatori naturali sono rari. Questa potrebbe essere una soluzione poco pratica nei paesi più sviluppati, che non hanno abbastanza lavoratori agricoli.
Le api mellifere svolgono un ruolo importante nelle colture a fioritura massiva, quelle, come i mirtilli, che sbocciano esattamente nello stesso periodo dell’anno. Se si coltivano tali piante come monocoltura, non ci sarà cibo a sufficienza per sostenere gli impollinatori selvatici tutto l’anno. In passato si è scoperto che i pesticidi, in particolare il DDT, causano direttamente danni ecologici perchè fanno morire le api operaie lasciando le regine gravide in letargo da sole.
Ma le api non muoiono in inverno. Un vantaggio di questo (dal punto di vista umano) è che, nel prepararsi a sopravvivere all’inverno, le api regine producono molto miele in eccesso. Sta di fatto che ci sono prove che la diversità degli impollinatori è in declino in tutto il mondo, ma ognuno di noi può fare qualcosa per fare in modo che questo declino si arresti.
Ad esempio le popolazioni di calabroni sono state aiutate nell’ultimo quarto di secolo dalle politiche agricole europee che incoraggiano la conservazione delle siepi, dove i calabroni spesso creano dei nidi nelle vecchie tane dei topi. Anche piantare strisce di fiori selvatici aiuta. Bisognerebbe semplicemente creare il loro habitat naturale lontano dai luoghi dove si fa un uso massiccio di pesticidi.